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Milano Sesto San Giovanni il 12 Ottobre 2010 ” Piazza Rondò
L’Artrite Reumatoide è un dramma in rosa: delle oltre 300 mila persone colpite in Italia da questa patologia, la stragrande maggioranza sono donne. E il 75 per cento circa dei 10 mila nuovi casi che si registrano ogni anno nel nostro Paese sono appannaggio del mondo femminile, soprattutto a partire dai 25 anni d’età .
Per i pazienti la vita è decisamente “in salita”. Per sette malati su dieci, semplici azioni quotidiane come lavarsi e vestirsi, aprire un rubinetto o stringere una macchina per il caffè, salire su un autobus, diventano imprese “temerarie”, per molti impossibili. Soprattutto il dolore non recede con il riposo notturno e si accompagna a una rigidità mattutina che dura pi๠di un’ora e che si può affermare essere il “marchio di fabbrica” di queste malattie. Bastano inoltre pochi anni perché la capacità lavorativa diminuisca del 50 per cento.
Tutto questo si può evitare battendo sul tempo la patologia: con una diagnosi precoce e una terapia avviata entro tre mesi dalla comparsa dei primi sintomi è infatti possibile arrestarne la progressione. Una corretta informazione, quindi, può salvare la vita.
Per questo l’associazione “Donneinrete” l’8, il 10 e il 12 ottobre prossimi sarà nelle piazze di Napoli, Roma e Milano con un double bus, accuratamente brandizzato per renderlo riconoscibile, con a bordo medici specialisti che opereranno una prima diagnosi e consiglieranno le donne su quale percorso seguire, indirizzandole, se necessario,a centri specializzati. Inoltre volontari distribuiranno opuscoli informativi.
Testimonial dell’iniziativa è Marcelo Fuentes, protagonista di Uomini e Donne, che darà un bacio a tutte le donne che si faranno visitare. Un modo spiritoso per unire impegno e cura del sé ad un piacevole momento.
“Il nostro obiettivo prioritario – ha detto Rosaria Iardino, presidente di Donneinrete – è quello di informare le persone, in particolare le donne, su quelle che sono le caratteristiche di questa malattia per poterla prevenirla. Le donne devono imparare ad ascoltare il proprio corpo, a riconoscere i segnali che ci invia. A capire che alcuni sintomi, come il dolore che si manifesta alle mani, ai polsi, ai gomiti e alle ginocchia anche a riposo e durante la notte, sono un campanello d’allarme importante che deve indurle a rivolgersi tempestivamente ad una struttura in grado di aiutarle“.
Gli specialisti confermano, infatti, che un ritardo di soli tre mesi nell’inizio della terapia con farmaci adeguati provoca un peggioramento della prognosi funzionale a cinque anni. Non solo, studi clinici hanno dimostrato che nei pazienti trattati precocemente è possibile anche assistere a una significativa riduzione a breve termine, due anni, della progressione dei segni radiografici e persino assistere ad una sua remissione stabile con la scomparsa dei dolori e la riduzione del danno articolare, riuscendo a mantenere una accettabile qualità di vita.
Soprattutto è essenziale, ha aggiunto Iardino, che “le Associazioni dei malati facciano fronte comune nella battaglia per arginare non solo questa malattia invalidante, e aiutare quindi le tante donne che ogni giorno combattono per vivere una quotidianità il pi๠possibile normale, ma anche per sostenere i tantissimi malati affetti da patologie croniche. E il patrocinio che questa iniziativa ha avuto dall’Associazione dei malati reumatici Anmar dimostra che questa volontà di fare rete per dare aiuto concreto alle persone malate sta crescendo sempre di pià¹. Cosଠcome l’aver ricevuto il patrocinio della Provincia e del Comune di Milano, della Città della Salute del Comune di Milano, della Regione Lazio e della Regione Campania, testimoniano che stiamo andando nella giusta direzione“.
“L’informazione, nel caso dell’artrite reumatoide e delle malattie reumatiche in genere - ha affermato Antonella Celano, presidente dell’Apmar – è spesso scarsa e vaga, i segni con cui si presenta sono confondenti: dolore alle ossa, rigidità mattutina. Troppo spesso si pensa a un generico dolore d’ossa, frequentemente associato all’età , troppo spesso si crede che il dolore non abbia basi concrete. La persona che ne è affetta non riconosce nulla che non sia comune a tante altre persone e spesso liquida i sintomi con un “˜banale dolore’. Le persone iniziano poi ad accorgersi con crescente preoccupazione di quanto diventi difficile intraprendere anche i piccoli gesti quotidiani (ad esempio aprire un rubinetto, allacciarsi le scarpe o un reggiseno, stappare una bottiglia, girare una chiave nella toppa). Intanto il tempo passa e la situazione peggiora. Quindi, perdere tempo è colpa grave: diagnosi precoce significa impedire alla malattia di progredire, grazie alle terapie messe a punto della scienza”.
La parola d’ordine è quindi “prevenire”, ma anche sapere come gestire la malattia nell’ambiente familiare, sociale e lavorativo è determinante.
“Ci sono molte cose che una donna può fare per ridurre al minimo l’impatto dell’artrite reumatoide- ha sottolineato Piercarlo Sarzi Puttini, reumatologo Ospedale Sacco di Milano - Occorre sviluppare nuove abitudini e fare anche in modo che il proprio ambiente di lavoro possa adattarsi alle esigenze delle donne ad esempio con postazioni ergonomiche. Bisogna imparare a prestare attenzione alla postura: una cattiva postura mette le articolazioni sotto stress e aumenta la stanchezza. Cambiare spesso posizione di lavoro; stare ad esempio sedute molte ore al giorno davanti al computer o alla cassa di un negozio rende le articolazioni rigide e dolenti. Prendersi brevi intervalli facendo qualche esercizio di stretching. Alternare se possibile posizioni in piedi a posizioni da seduta“.
Ci sono poi anche criticità sul fronte assistenziale che vanno corrette.
“Ancora oggi la durata media tra l’insorgere dei sintomi e la prima visita presso un ambulatorio di reumatologia dei centri di riferimento per ricevere un trattamento appropriato è troppo lungo – ha spiegato Gabriele Valentini, professione ordinario di reumatologia alla II Università di Napoli – si attesta infatti intorno ai tre/quattro anni. Non solo, una percentuale di questi pazienti, il 10-15%, non ha mai ricevuto neppure una diagnosi ad hoc. Questi ritardi sono dovuti a due ordini di motivi. Il primo è legato a una mancanza di conoscenza delle opportunità di cura, per cui i pazienti vengono inviati al centro di riferimento troppo tardi. Il secondo dipende dalle difficoltà di accesso ai centri di reumatologia: gli ambulatori specializzati sono ancora troppo pochi e presentano una carenza di personale che non consente di seguire adeguatamente tutte le patologie mediche dell’apparato locomotore che sono diffusissime, per cui i pazienti artritici che hanno bisogno di cure immediate ne pagano le spese“.